Babbo, ma il tempo
non si può rifornire?
Purtroppo no, il tempo
va avanti e si consuma:
non si può tornare indietro.
Però, babbo, c’è un modo
per tornare indietro: sono i ricordi
Non ha molta importanza dove si va; la meta, quasi sempre, è un pretesto. Il piacere sta nel camminare, nella bellezza del paesaggio che, lentamente, si trasforma. Nella geometria della terra, ad ogni passo, affrontare i propri pensieri, trovarne la misura. È un po’ come… pregare. Anzi, forse, è la preghiera più bella.
Ho imparato l'umiltà, per il mio corpo fragile, così piccolo rispetto alle distanze della terra; la pazienza, per le ferite ai piedi, le infiammazioni ai tendini, quando la determinazione non basta e accelerare può compromettere il resto del viaggio. E proprio perché c'è sempre qualcuno più veloce di me, presto ho capito che non c’è niente da competere: basta camminare. Prima o poi, il cammino finisce e la differenza, la ricchezza acquisita lungo la strada, sta nelle persone, che hanno condiviso una parte del percorso, una parte delle proprie storie, nella profondità della consapevolezza che una bellezza incontenibile ci circonda.
Ho fronteggiato l'eternità, sotto un sole cocente, in mezzo a pianure sterminate di frumento, senza nulla all'orizzonte, senza misura del tempo. Ho esultato insieme ai compagni, dopo ogni difficoltà superata. Ho pianto di gioia per la mèta raggiunta. Ho bagnato i piedi nell'oceano. Ho passato ore a lavare i pensieri difronte ai confini del mondo.
Ho provato la pace della vita semplice, dei bovari, dei pescatori, degli albergatori di piccoli villaggi. Senza TV, senza guardare lo smartphone. Libero dall’ansia degli uffici di ogni giorno. Con le frecce gialle segnate a indicare la strada! Magari ci fossero pure nella vita queste frecce gialle, per segnalare le scelte giuste e distinguerle da quelle sbagliate.
Mi sono rovinato una caviglia, perché ho sforzato troppo, ma a volte arrivare è più importante di preservarsi. D'altronde ho inseguito orizzonti e tramonti! Ho camminato sotto la pioggia, contro il vento, con il mio zaino come unica casa, come le lumache e le tartarughe. Semplicemente. E non sarei più voluto tornare indietro!
Tali perfette monadi di nostalgia
Polimeri macroscopici di solitudine.
Domani, regina, il mio sole tramonta:
ubriaco, castrato, questo corpo amato
divorerai alla mensa del solstizio,
il sangue fertile nel grembo della terra
animerà i germogli e il vigore dei campi:
un altro re stringerai tra le gambe
quando i corvi grideranno dalla quercia
il mio nome nel castello dei morti;
non risplende la luna per il sole ormai spento.
A duello ti invita quel ragazzo,
il figlio di Teti, favorito dagli dei.
A concludere la guerra ora e per sempre.
Tu che non sei un vigliacco, resta
al sicuro, l’esperienza in battaglia vale più
del disonore. Se non per la tua vita,
per quella di tuo figlio. Lascia che oggi
aspettino invano il guerriero, che preferisce
essere padre. Di tutti quelli che ti incitano
ad uscire sul carro da guerra, nessuno
avrà pietà del piccolo Astianatte
quando sarà solo un orfano tra gli schiavi.
Prima che il fuoco e la pestilenza,
disperdano i semi dei vostri raccolti,
bruciate le navi di quegli stranieri
venuti dal mare, come i venti funesti
prima dell’uragano. E nulla saprà
il re di Spagna, dei vostri regni
oltre la curvatura del mare.
Dei vostri figli, così belli,
della vostra fragile discendenza.
Per un attimo di felicità,
tra le braccia del suo principe,
in questo paese straniero,
nel suo castello, sulla collina
a sud est, nel suo giardino,
cinto da un alto cancello
di ferro, con le iniziali
di questo amore inatteso,
pieno di rispetto e di
speranza. Quando venimmo
a prenderla, la principessa
Luba era già da tempo
nel suo letto, sconsolato
il principe ci osservava
consapevole che la nostra
fede nel miracoloso
pellegrinaggio di preghiera
e di volontaria sudditanza
alla provvidenza, che tutto
dispone e dà e toglie,
nulla è che un rituale
per affrontare l’inaccettabile
destino. E non vagare folle
in stanze vuote di futuro.
Corvi costruiscono il nido
Oggi nuvole di pioggia
Erba fresca
Campagna verde forte
Vincoli offuscano
l'orizzonte. Invidio corvi
gracchianti. Che il nido
costruiscono tra le torri.
Non dimenticherò mai
I momenti trascorsi sopra il tuo cuore.
Ero così orgoglioso che tu mi avessi scelto.
Quando ancora timidamente mi dicevi: ti amo.
aria nei polmoni che fluisce lenta
scoprire la mano divina
che disegna l’alba
che colora il tramonto
correre controvento
a braccia aperte
rotolarsi nell’erba
con il mio cane
e fermare lo sguardo
tra il suo naso nero
e l’azzurro del cielo.
Ti amo come amo le rondini
e i tramonti. Come il mio lago.
Come l'abisso proibito. Come
la nube più alta. Come le
costellazioni inventate
nelle notti d'estate.
Come le melanzane al forno.
Come la fede in Dio. Come la luce
di ogni mattino, che ti bacia
il viso. Come la musica e i film dei pirati.
Come un abbraccio sicuro. Come un rifugio
nei giochi di quand'ero bambino.
Ti amo come il vento
e la tempesta dell'inverno,
quando sto sotto calde coperte.
Come la carezza del vino.
Come l'acqua fresca lungo il cammino.
Come una promessa,
nell'immensità del tempo: amore mio.
Lei lo culla e lo accarezza, ci parla,
raccontando cose. Descrive
i movimenti dentro di lei. Ci tiene
che anche io li senta, ne faccia parte.
Adesso lui
è la priorità. Il centro
dei suoi pensieri. Una porzione
completamente nuova
di vita: un po' di lei,
un po' di me. Di che colore, gli occhi?
i capelli? di carattere... come sarà?
Tenace, penso io, come noi due:
un seme che ridisegnerà la nostra
capacità di scegliere e di avere paura,
ci perderemo e ci ritroveremo in lui
Ma più di tutto io spero
di meritarmi questa nuova
famiglia. Di saper anche mettere
da parte, di fronte a loro, tutto ciò
che ho voluto, tutto ciò che ho amato.
Quando una decisione diversa
Un diverso destino
Se quel bacio non fosse stato l'ultimo
di una giornata di felicità.
Se non ti avessi incontrata,
se non avessi scelto te: lui
non sarebbe nato. Noi
non saremmo qui.
Se non avessi cambiato lavoro.
Se fossi morto nell'incidente 8 anni fa.
Questa strada la percorrevo con mia nonna
quand'ero bambino. L'ho percorsa
con mio figlio appena nato.
Il futuro è incerto e senza stelle.
Tutto sembra sempre scorrere
con continuità. E poi d'un tratto
il clinàmen.
Il mio babbo, abbà, è un abbraccio
Forte in cui trovo rifugio
È il buonumore della domenica mattina
Il profumo della colazione
Il mio babbo è la fedeltà
È la fede in Dio
Il mio babbo è un professore:
Insegna la tecnologia applicata
Alla vita quotidiana. Progetta
Impianti elettrici.
In riva al mare passeggiamo insieme
Raccontando la vita, i castelli di sabbia,
I ricordi e i progetti, lo spazio e il tempo,
I misteri oltre l'universo, il valore:
Della carità e del lavoro; del sacrificio
E della perseveranza: della rivincita
E della vittoria, ma soprattutto:
Della giustizia nel proprio cuore.
Mio babbo è il più forte dei supereroi.
È un combattente che non si arrende mai.
Che aggiusta i guai, risolve i problemi,
Che mi porta sempre - ad ogni costo -
Al sicuro.
Centurie di turisti sul Campo di Siena
Come navi sorprese dalla tempesta.
Uno scroscio di pensieri in fuga per le vie del corso.
Trova rifugio nella baia di un portone
La velatura nera di un ombrello.
Ombre randagie sospinte dal vento
Depredano d’azzurro l’orizzonte.
Sui vetri corre un brivido di pioggia.
Una luminosa mattina
Sublimare nel vento
A inseguire le rondini
Verso altri orizzonti,
Intrecciando le rune della primavera
Con la grafia delle ali
E l’inchiostro del cielo.
Spanta è la catarsi in un garrito.
Come pipistrelli dormono sui rami
le foglie degli alberi
e prendono il volo
De profundis clamavi ad te, Domine…
…disperso tra simulacri di pietra
Il grano piange con lo sguardo al cielo
Sospirata sete di vita eterna
Benedetto il credente!
Beato e inaccessibile
Un germe di farina si dischiude
Tra salmi di macine in movimento
Il mortale ingegno è demiurgo di sogni
Archiviati nel grembo oscuro
Dal muto guardiano dei giorni.
Cercate il Signore mentre lo si può trovare.
Sulle spalle raccolta la croce
Che schiude il travagliato abisso
Tra le umane solitudini
Occhi orfani di un cielo ormai vuoto
Consapevolezza di una nuova
Carità. Senza premio o castigo
Né altezza, né potenza, né alcun Dio
Nel limitato rifugio di queste mani
L’unica miracolosa provvidenza
Per diversi mesi la carità
mi ha messo davanti un ragazzo
affamato; e gli ho dato da mangiare.
Poi ho iniziato a chiamarlo “amico mio”.
Un giorno, però, gli sono passato oltre,
senza dargli nulla: lui mi ha chiamato
“amico” e “fratello”, io ho fatto finta
di non conoscerlo. E non sono più tornato.
Non è bene prendere il pane dei figli
e gettarlo ai cagnolini.
La verità è che l’avidità lentamente
ha scavato un solco profondo nel mio cuore.
Ciascun giudizio, ciascuna condanna,
richiede la prudenza e l’umiltà
di accettare l'altro, anche quando
a buon diritto intollerabile.
I pesi e le misure vengono da Caino;
la misericordia
da chi è senza peccato.
Dite agli smarriti di cuore...
Di stringere i pugni
E affrontare lo sgomento
Non è venuta dal Cielo
La ricompensa a salvarli:
Né giungerà vendetta.
Forse: lo sguardo di un amico
Una carezza inaspettata
La tregua in un abbraccio
Ai bastimenti perduti
Alle lance spezzate
Ai libri non scritti
Alle imprese dimenticate
Nei registri immutabili
Dello spazio e del tempo
L’audacia e il rimpianto
Di chi sfida l’ignoto
Ai bimbi non nati
Alle carezze mancate
Agli amori traditi
Alle stelle cadute
La sclerosi biancastra
Della carne mortale
Che marchia il vigliacco,
Tra le braccia della notte
Meravigliosamente mosso dal vento
Il mare dondola lento
Le barche, come un premuroso amante,
Dopo un amplesso.
Stasera, maestrale tra i capelli,
Pesce alla griglia sulla riva di un tramonto.
E un calice di vino:
Rosso – rigorosamente rosso.
Se i marinai sapessero dei miei tesori nascosti
tra le conchiglie del bagnasciuga
nelle sale segrete di castelli di sabbia
non li troverebbero che tra gli ombrelloni azzurri
difronte alla casa gialla sul lungomare
dove un bambino passava l'estate giocando
a ingannare il tempo e a diventare grande.
Se i marinai sapessero dei miei tesori nascosti
si fermerebbero ad osservare i miei nonni
che mi rincorrevano in riva al mare e i miei
genitori, giovani e raggianti, a guardarmi
orgogliosi, dalle sdraie, preservati nel tempo.
So di cosmogonie sommerse dal silenzio
Ora dopo giorno di anno in anno
Vite fa ho risolto di seminare gioia
Nell’humus del tempo
Ora nutro
copiosi raccolti di nostalgia.
Le tue rose in terrazzo,
Che annaffiavi ogni sera, che con orgoglio
Mi hai insegnato a custodire;
Così profumate, di un odore caldo,
Le travasavi ogni anno in testi più grandi,
Con terriccio fresco.
Le portammo in campagna e per un po'
Fiorirono con intensità inattesa.
Poi al loro posto hanno costruito
Una casa più grande e io non ho potuto farci niente:
Che ne è rimasto delle tue rose
Delle tue belle rose, che ci avevi lasciato.
La notte passa... lenta
In questa clausura di infermi
Che urlano ricordi
In faccia al buio
Che balbettano routine
Senza alcun senso
Di filastrocche e rantoli
O Dio, per Dio...
Vai via... Vai via...
Come un sussulto di vento:
Morte, via...
Infermiere! Dio,
Dio. Muoio... stanotte.
Lenta. Arriva. L'aurora.
Questa mattina, presto, Mario se n'è andato
Era buio.
Ha atteso di trascorrere San Valentino
Con la donna che aveva sposato
Poi ha lasciato i campi e gli ulivi
I conigli e il pollame, il buon vino
E le conserve.
L'auto nuova invecchiata in garage
Gli amici del muretto. I pranzi coi parenti.
Erano le 4 del mattino, sul suo letto, la sua casa.
E si è incamminato per le vigne
Incontaminate di un padrone
Che non lo lascerà più tornare.
Si è fatto buio
su questa terra,
che mai ci vedrà ancora uniti,
dove sepolti dormono
i vostri cuori.
Riposate in pace
sogni e speranze
di Elio e Maria,
che la morte divise nella vita,
che Dio ha riunito tra le croci.
Pregate per noi,
amati nonni,
per le stanze vuote
e per i ricordi antichi.
Sarete due stelle
nel cielo dei miei occhi,
a cui parlare
nella solitaria malinconia
delle strade smarrite.
E’ destino dell’uomo
quello di svanire.
Spero solo che il tempo
ci conduca allo stesso mare.
Anche sotto il cielo grigio
La terra partorisce meraviglie
Le ombre non ci separeranno
Anche sotto il cielo grigio
La luce abbraccia l'orizzonte
Nel cuore alimento
enzimi di serenità
e solventi di incoscienza
corvi-memento
di questa entropia
che avanza.
“Con l’ingegno coll’opera col sangue”
Pagarono il prezzo
Di una fatua libertà
A loro il nome inciso su di un sasso
A noi un’altra genia di astuti tiranni
Ho comprato uno shotgun
ad accelerazione di particelle.
Quando sono triste, lo punto all’orizzonte
e provo a sognarmi come sarebbe,
premendo il grilletto,
disintegrare
un grattacelo alla volta,
una strada alla volta,
un quartiere alla volta...
e, lentamente,
tornare a scoprire
una linea incontaminata di tramonto.
hai forse tu l'antidoto
per questo nero spirito
le stelle che si spengono
l'immensità del nulla
legami che si perdono
in sterile destino
i giorni che finiscono
il solitario oblio
Boreo, vento del nord che fecondi le ninfe.
Raccontami della solitudine al di là del tempo,
e di quell'atto d'amore che dette vita al mondo.
La terra informe danzava nel vuoto
in cerca del calore che le scaldasse il grembo
e la carezza del cielo che lambisce i monti
e la pioggia vivida che bacia il suolo.